Passeggiare lì, a Passo Malera, tra la Lessinia e il gruppo dolomitico del Carega, è come respirare. Naturale e necessario. Scoprire, intanto, tutto quello che ci sta intorno, dove il silenzio è interrotto da qualche chiacchiera tra amici o dai campanacci delle mandrie al pascolo. Poi c’è la Malga, che si chiama come il Passo, che ospita ogni tipo di escursionista; in cui si mangia, ci si riposa, si gioca a carte o si guarda il panorama silenziosamente. 

Passo
Malera

A settentrione della Lessinia, all’interno del Parco Regionale, il Monte Tomba è uno dei punti di riferimento per chi ama guardarsi intorno, camminare, scoprire, raddrizzare i pensieri. A questo monte, gli escursionisti, vogliono parecchio bene perché ha un passato nobile, è inconfondibile ed è circondato da specie vegetali e animali che sussurrano storie da ascoltare a bocca aperta. E poi c’è il rifugio Primaneve, un rifugio solitario che raggiunge i 1766 metri di altitudine. Bello alto.

Monte
Tomba

Nel Parco Naturale Regionale della Lessinia c’è Monte Cornetto, uno dei luoghi più iconici di questa catena montuosa. Circa 1815 metri di altitudine: non la vetta più alta, ma certamente memorabile, anche solo per il nome. Lì intorno boschi di faggio, abete rosso e rododendro circondano sentieri antichi. Quando è bello, poi, i fiori selvatici diventano la punteggiatura di un racconto che lascia sempre sbalorditi. E quel ripetitore dall’architettura avanguardista?! Ci sta parecchio bene in mezzo a quel su e giù.

Monte
Cornetto

Se si guarda bene, sembra quasi di vederle le sfingi. Una distesa di rocce calcaree modellate dal tempo, dall’acqua e dal vento; forme monolitiche che ricordano paesaggi esotici, lontani da quella valle di Camposilvano. Tra vedute panoramiche, sentieri escursionistici e occasioni di scoperte geologiche, la Valle delle Sfingi è un altro dei luoghi simbolo della Lessinia da esplorare e ammirare. Sicuramente da conoscere.

Valle
delle Sfingi

Il nome completo è Eremo di San Michele Arcangelo, anche detto Eremo di San Moro. Respirare e rallentare, qui, è d’obbligo, come se queste parole fossero un invito inciso quando si arriva. Costruito su una parete rocciosa, fu fondato dai monaci benedettini nel X secolo ed è per questo che è riconosciuto come un luogo ricco di storia, legato ancora alla lingua cimbra. Qui, spiritualità, natura, storicità e architettura si fondono in un tutt'uno, per regalare a chi lo sceglie, un’esperienza coinvolgente.

Eremo
di S.Moro

Ai piedi di Malga Pidocchio, tra i pascoli, si estende un fortino che, silenzioso, ancora scruta un confine tra patrie ormai dimenticato. Qui la mattanza della prima grande guerra non è arrivata se non con questa linea di difesa fatta di trincee e labirinti in pietra modellata dai soldati. Un luogo dove la storia straripa e sussurra tra corridoi, gallerie, caverne, stanze, dormitori e cucine che, nei primi decenni del ‘900, hanno significato casa.

Malga
Pidocchio

Ci sono luoghi che, negli anni, diventano testimoni e custodi delle origini della nostra storia. In questi posti si è spettatori a vicenda, per chi va ad ammirare e per chi è lì da moltissimo tempo. Il Ponte di Veja, un ponte naturale scolpito nella roccia dal tempo con una campata di quasi 50 metri, è stato un rifugio di tribù e animali preistorici e, negli anni, è stato proprio spettatore di tutti coloro che scelgono di immergersi per qualche ora nella natura e nella storia.

Ponte
di Veja

Le montagne, qui, a Velo Veronese, si fanno ancora più dolci e ospitano contrade di pietra e legno. Uomo e natura, da queste parti, si sono integrati con armonia e rispetto. Buse di Sopra, sorella di Buse di Sotto, probabilmente deve il suo nome al fatto che il suolo, in quel preciso punto, ha una conformazione tale da sembrare che si siano formate in un'incavatura, in una buca appunto; da cui il termine dialettale busa. Quasi come a guardare il mondo da sotto in sù.

Malga
Buse

Si va a occidente, dove il sole tramonta. 30 milioni di anni fa si è innalzato il Corno d’Aquilio, un affaccio di tempi remoti che domina il sud della Val d’Adige. Un punto di inizio, dove la durezza delle pareti rocciose diventa prato dalle forme lente e dolci e dove il panorama mette in pace occhi e cuore. I sentieri, qui intorno, non mancano di certo e possono accontentare tutti, offrendo tratti di bosco, pascoli e viste aperte​.

Corno
D'Aquilio

Lo scorrere lento e improvviso dell’acqua tiene il tempo. Il tempo dei passi, del respiro, del cuore; quello che in quel momento pulsa più forte. Le Cascate di Molina, nella parte ad ovest della Lessinia, hanno il potere di trasportare ogni tipo di emozione. Un scivolare fluido tra pietre e tra le carezze di una vegetazione che riporta alla mente luoghi lontani. Li davanti, lì sotto, lì dentro, tutto è immerso in un’atmosfera che ricorda che tornare bambini spesso è indispensabile.

Cascate
di Molina

A tratti si sente un po’ di malinconia passando da lì, perché in inverno, dai 1806 metri del Gaibana, scendono solo ricordi di inverni lontani. A est del Parco della Lessinia, infatti, l’impianto di risalita di San Giorgio è ormai pietrificato e lo scricchiolio della neve sotto gli sci è ormai un rumore distante. Ma quel luogo resta sempre casa per chi quei posti li conosce e li ama. Poi ci sono le altre stagioni, che si prendono l’onere e l’onore di rendere quel luogo ancora pieno di significato.

Rifugio
Gaibana

Se si mette il piede un po’ più in là, si sconfina in Trentino, in uno dei punti più selvaggi della Lessinia. Siamo ai piedi di Castel Gaibana e del Carega, davanti a Malga Brusà. Dopo un’ora di sentiero irto nella faggeta della Val dei Ronchi, si apre una radura dove una piccola costruzione in pietra sembra essere custodita dalle pieghe delle montagne che la circondano. Il paesaggio, qui, dialoga perfettamente con chi lo attraversa, è gentile e accogliente.

Malga
Brusà

Un luogo magico, dove le storie delle fate si intrecciano con quelle degli uomini. Nella Val Squaranto, appesa a una delle falesie di destra del vajo, appare una costruzione che sembra una piccola casa, un rifugio in un luogo inusuale e per questo diventato oggetto di leggende. La tradizione popolare della Lessinia narra delle “fade” che abitavano un manufatto e frequentavano i “filò” degli umani. Questa relazione amichevole si interruppe quando un giovanotto, durante una visita alla sua “morosa” nella stalla della contrada Squaranto, si soffermò a parlare con una bellissima “fada” anziché con la fidanzata, causando la gelosia di quest'ultima. La "morosa" costrinse il giovane a insultare le "fade" al successivo "filò". Lui, pur di non perderla, le offese pesantemente e le “fade” se ne andarono maledicendo tutti i presenti e i fidanzati che avrebbero guardato verso la loro casetta, promettendo furibondi litigi tra coppie. La maledizione si rivelò devastante, costringendo le ragazze del posto ad allontanarsi per mantenere i loro fidanzati.

Casetta
delle Fade

Si scende a 1500 metri di altitudine e poi sotto terra. La grotta del Ciabattino, vicino alla più famosa Spluga della Preta, sul Corno d'Aquilio, è una cavità dove la luce irrompe e squarcia il buio silenzioso che riposa là sotto. Il protagonista, qui, è un pastore che, sorpreso a spiare delle streghe, fu trasformato in uno delle tante stalattiti che popolano la grotta. Le formazioni di ghiaccio, infatti, possono essere osservate fino a tarda primavera grazie alla bassa temperatura interna.

Grotta
Ciabattino

Ljetzan in cimbro. Giazza è l’ultimo dei tredici comuni della Lessinia ad essere baluardo della cultura e della lingua cimbra, una minoranza di origine bavarese-tirolese. Un luogo immerso in una densa foresta, punteggiato da sentieri e corsi d'acqua, perfetto per escursioni, passeggiate o anche solo per immergersi in una tradizione arrivata fino a noi. Tra malghe e natura, Giazza è uno spaccato perfetto della vita rurale e tradizionale della Lessinia, dove è possibile assaporare prodotti locali e godere di splendidi panorami​.

Giazza

Qui si fa un balzo indietro nel tempo. Ai piedi di Passo Fittanze, al di là di Villaggio San Michele, tra le fronde di un bosco fitto di latifoglie e conifere, ci si imbatte in gallerie scavate nella montagna, i Busoni di Sega di Ala. Un luogo immerso nel silenzio che non ha mai udito un solo sparo, una trincea silenziosa - che sembra quasi un paradosso - costruita intorno al 1916 dall’esercito italiano che si estende per 300 metri sotto la montagna con affaccio sulla Vallagarina. Da vedere veramente, attraversare, pensare e capire.

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Credits

AndreaRubele

LorenzoGirardi

ETSTUDIO

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